Così come si usano le istruzioni per mettere insieme i pezzi
di un mobile, allo stesso modo si usano gli Strumenti Urbanistici per pianificare
una progettazione verde.
Tali “istruzioni” sono classificate gerarchicamente in base
all’Ente Territoriale che ha il compito di redigerle. Abbiamo quindi il PIT
(Piano d’Indirizzo Territoriale) e il PPAR (Piano Paesistico Ambientale
Regionale) per le Regioni, il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento
Provinciale) per le Province e il PSC con il RU (rispettivamente Piano Strutturale
omunale e Regolamento Urbanistico) per i Comuni.
Perché andare a spulciare pagine, pagine e pagine di
documentazioni quando ciò che si vuole realizzare è un parco pubblico, uno
spartitraffico o uno spazio verde in un borgo medievale? Perché, come dicevo,
in questi elaborati si trovano le istruzioni su cosa si può e cosa non si può
fare in un ben determinato punto del territorio italiano. Infatti se nei PIT e
nel PPAR vengono indicati i divieti e le linee di massima entro cui ogni
provincia può pianificare, nei PTCP sono indicate, in maniera più dettagliata, le
suddivisioni del territorio provinciale e le rispettive disposizioni da
rispettare in ambito comunale. Arrivando a livello dei comuni, però la
pianificazione si scinde in una parte di recepimento e in una di prescrizione.
Questo significa che mentre nel PS si classifica ogni elemento del territorio, indicando
gli interventi possibili in base a quanto disposto dai piani sovraordinati, nel
RU sono indicate le modalità di intervento per ogni singolo elemento
paesaggistico, ambientale, edilizio o infrastrutturale, andando anche a
specificare, quando necessario, precise
varianti alle disposizioni generali attribuite alla categoria, ottenendo così
di pianificare nei dettagli ogni singola trasformazione del territorio
comunale.
Ecco perché non si può approcciare una progettazione senza
aver prima ben studiato quali siano le disposizioni previste per quel territorio.
Negli Strumenti Urbanistici si possono trovare non solo i vincoli a cui si è
costretti a sottostare, ma anche le idee e i progetti che sono stati messi in
cantiere già al momento della stesura del Piano.
Da tali progetti è possibile partire per andare a progettare
in maniera consapevole e con la cognizione di un quadro più ampio rispetto al
singolo intervento, fornendo gli strumenti per rendere ancor più utile, sostenibile
e motivato ogni progetto. Ecco che, inquadrando così ogni piano di lavoro,
sarebbe possibile concepire una progettazione in grado di mettere in sinergia
tutte le componenti provinciali e regionali.
Questo perché un’opera verde non sarebbe
vista solamente fine a se stessa, o percepita nel ristretto ambito comunale, ma
integrata in una rete molto più complessa composta di parchi urbani, piazze,
corridoi ecologici, aree protette, “territorio aperto” e vie di comunicazione
che porterebbe ogni cittadino a sentirsi molto più parte di un organismo unico,
di una struttura spaziale omogenea in tutto il territorio.
È comprensibile adesso come e perché la corretta stesura e l’osservanza
degli Strumenti Urbanistici abbiano le potenzialità per cambiare, nel
medio-lungo termine la percezione stessa dell’intera Nazione Italia.
Speriamo che tutto proceda per il meglio!
Già perché si sa:
in Italia “Fatta la legge, trovato l’inganno”… ma anche stavolta inganneremmo
solo noi stessi e i nostri figli.
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